La Sicurezza alimentare.
Per sicurezza alimentare s’intende: “la garanzia che un alimento non causerà danno dopo che è stato preparato e/o consumato secondo l’uso a cui esso è destinato”.
Così viene definita dal Codex Alimentarius, un insieme di linee guida e codici di buone pratiche, standardizzate a livello internazionale, che contribuisce al miglioramento della sicurezza, qualità e correttezza del commercio mondiale di alimenti.
Quando parliamo di sicurezza alimentare non possiamo non prendere in esame i due concetti su cui questa si fonda: PERICOLO E RISCHIO.
Pericolo
“proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore o agente avente il potenziale di causare danni”. Quindi è una proprietà o una qualità di una attrezzatura da lavoro, di una macchina, di una sostanza in un alimento, etc. che può creare un danno. Per esempio, un coltello dalla lama affilata è un pericolo, in quanto la sua lama può causare un danno.
Rischio
“probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”. Quindi il rischio è la probabilità che si verifichi un danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente.
Ritornando all’ esempio del coltello, il rischio è la probabilità che utilizzandolo ci si possa tagliare.
Quindi:
Pericolo è il potenziale di provocare un danno, Rischio è la probabilità a seguito dell’esposizione.
Nel settore alimentare dove si può parlare di pericolo fisico (ad esempio spine di pesce nei prodotti ittici); pericolo biologico (batteri, virus o parassiti dannosi); Pericolo chimico (mercurio nel pesce o acrilammide negli alimentiamidacei).
Il rischio è determinato dall’esposizione: quanto, per quanto tempo e con quale frequenza, ad un pericolo.
Comportamento dei Consumatori
In tempi relativamente recenti, si sono registrati episodi “allarmanti” di epidemie alimentari (si pensi al caso del vino al metanolo, delle mozzarelle blu, o alla sindrome della “mucca pazza”), che hanno certamente amplificato la percezione dei pericoli per la salute connessi al consumo di alimenti.
Questi eventi, di forte risonanza emotiva, hanno determinato nei consumatori, una maggiore richiesta di sicurezza in ambito alimentare.
Inoltre, le trasformazioni sempre più rapide dell’industria agroalimentare, i cambiamenti negli stili di vita di ampie fasce di popolazione e il verificarsi di periodiche crisi alimentari, come già evidenziato in precedenza, hanno favorito la diffusione di nuove abitudini e pratiche di consumo, sollevando allo stesso tempo crescenti preoccupazioni rispetto alle attuali modalità di gestione dei sistemi di produzione e di allevamento.
Da un lato, dunque, aumentano le richieste di maggiore trasparenza e informazione, dall’altro resta la possibilità che abitudini e pratiche non corrette espongano i consumatori a rischi anche importanti per la salute.
Tuttavia, l’attuale stile di comunicazione dei Media raramente è utile alla Comunicazione del Rischio, al contrario spesso risulta dannoso: si tende a focalizzare sui dubbi anziché chiarirli, esacerbando i conflitti e non legittimando le fonti.
Ciò determina la discordanza tra quello che viene definito il “rischio reale”, frutto di valutazioni elaborate dagli esperti, e il “rischio percepito” dai consumatori, spesso influenzato dalle modalità con cui gli organi di informazione trattano determinati argomenti.
Legislazione alimentare.
I numerosi interventi legislativi che hanno interessato l’intero sistema sanzionatorio penale nel tempo, sono accomunati da una soglia punitiva minima.
A conferma di questo è sufficiente analizzare la conformazione della disciplina legislativa in tema di sicurezza alimentare a partire dalla metà degli anni Venti e fino alle modifiche introdotte dalla legge generale di depenalizzazione del 1981. L’involuzione – nel senso della prolissità e dello scarso grado di deterrenza della tutela – in questo settore è già rinvenibile nel decreto legge 15 ottobre 1925, n. 2033, emanato nei primi anni del regime fascista ed essenzialmente mirato alle
esigenze di tutela dell’economia agricola. Il dato di fatto è che la legislazione alimentare si presentava estremamente confusa e caotica, a causa dell’intersecarsi di norme generali e speciali e della sovrapposizione di plurime disposizioni sul medesimo oggetto, frutto di una produzione legislativa cd. a cascata. Non a caso, difatti, il legislatore della riforma del 1981, nel disciplinare il concorso di fattispecie penali e fattispecie amministrative depenalizzate (articolo 9 legge n. 689 del 1981), è stato “obbligato” a discostarsi.
Le sanzioni possono essere penali o amministrative.
La depenalizzazione
La depenalizzazione può essere considerata un “declassamento” della tutela giuridica connessa alla vigilanza ed al controllo di determinate materie e/o settori a fronte del quale, mutano anche i soggetti coinvolti in tale processo
Il Legislatore trasferisce la disciplina “punitiva” di alcuni comportamenti illeciti dall’ambito del Diritto Penale a quello del Diritto Amministrativo, mutando la natura giuridica dell’illecito e della sanzione, che diviene amministrativa, comportando il pagamento di una somma in denaro (a titolo afflittivo).
Depenalizzazione del 1981
In Italia, per l’applicazione di una sanzione, anche amministrativa, vige il principio di legalità (art.1 legge n. 689/1981) in base al quale solo con una legge è possibile fissare sanzioni.
La nascita dell’illecito amministrativo si può collocare con l’entrata in vigore della legge 24 novembre 1981, n..689, recante “Modifiche al sistema penale”. La legge introduce un sistema compiuto di illecito e sanzione amministrativa, prevedendo principi generali, eccezioni, applicabilità e competenze. Il sistema ricalca quello penale in quanto la norma ha effettuato la prima opera di depenalizzazione, ovvero la trasformazione di reati in illeciti amministrativi.
L’illecito amministrativo è modellato sulla struttura del reato; infatti, la legge 689/1981 ricalca gli istituti penalistici del principio di legalità, della capacità di intendere e di volere, dell’elemento soggettivo dell’illecito, le cause di esclusione della punibilità, il concorso di persone.
La constatazione degli illeciti amministrativi è affidata agli organi amministrativi che svolgono attività di polizia amministrativa. Anche nei casi in cui siano previste sanzioni amministrative, qualora si possa sospettare un reato penale è obbligatorio procedere alla denuncia per il proseguimento di indagine.
La sanzione è effettiva in quanto è previsto il pagamento di una somma di denaro che può essere riscosso in maniera coattiva. Inoltre, l’effettività viene garantita anche dalla circostanza che l’articolo 11 della legge prevede che nell’ applicazione della sanzione, tra il minimo ed il massimo
edittale, occorre valutare, tra gli altri elementi, le condizioni economiche del soggetto. Il medesimo articolo 11 garantisce anche la proporzionalità della sanzione, in quanto nell’irrogazione della medesima si deve tenere conto: della gravità della violazione, dell’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, della personalità e delle condizioni economiche.
La dissuasività della sanzione è assicurata dall’entità della stessa e dalla possibilità di applicare, oltra alla misura del pagamento, sanzioni accessorie quali la confisca (art. 24) il sequestro (art. 19) e, per quanto concerne la vigilanza sulle norme in materia di igiene degli alimenti, la chiusura dello stabilimento (come poi ulteriormente disciplinate dall’art. 8 decreto legislativo 30/12/1999, n 507 e dall’art. 517 bis codice penale). Inoltre, la medesima legge prevede l’istituto dalla “reiterazione” (commissione di una successiva violazione della stessa indole) in presenza della quale si decade da alcuni benefici.
Quindi tutti i reati che prevedevano la sola pena dell’ammenda o della multa vengono a non costituire più reato ma sono soggetti solamente a sanzione amministrativa. Continuavano a costituire reato i delitti e le contravvenzioni puniti con la sola pena detentiva (reclusione, arresto) oppure con la pena detentiva concorrente o alternativa a quella pecuniaria. Si ha così la trasformazione de facto di reati penali in illeciti amministrativi.
Depenalizzazione del 1999
La riforma del sistema sanzionatorio del 1999 ha inciso su vari settori della legislazione speciale. In alcuni di questi (come, ad esempio, quello degli alimenti) sono state depenalizzate fattispecie delittuose punite con una pena detentiva talmente elevata da non consentire l’applicabilità dell’istituto della sospensione condizionale della pena. In pratica, però, l’operare degli illeciti amministrativi (nel settore del diritto penale alimentare) potrebbe spesso essere preclusa, stante il disposto del III comma dell’articolo 9 della l. n. 689 del 1981, introdotto proprio ad opera del D. Lgs. n. 507 del 1999.
Si comincia con la Legge 205/1999 art 1 che delega il Governo a trasformare da illecito penale a illecito amministrativo ed a riformare la disciplina sanzionatoria, tra le altre cose, anche in materia di disciplina degli alimenti (art 3); la delega prevedeva 6 principi e criteri direttivi:
1 (comma a): tutti i reati previsti da leggi speciali vengono trasformati in violazioni amministrative, con la sanzione accessoria, in caso di reiterazione specifica delle violazioni, con la chiusura temporanea dello stabilimento o dell’esercizio, la sospensione fino a tre mesi o la revoca della licenza.
2 (Comma b): manteneva le sanzioni penali per gli articoli 5,6 e 12 (in parte) della legge 283/62
3 (Comma c) prevedeva la chiusura nonché la revoca come al comma precedente anche nel caso di reiterazione non specifica di queste ultime in relazione a fatti di maggiore pericolo per la salute pubblica
4 (comma d): prevedeva circostanze aggravanti (violazioni articoli 515, 516 e 517 del Codice Penale) in materia di comportamenti lesivi delle produzioni protette da denominazione di origine;
5 (comma e): chiusura obbligatoria degli stabilimenti e esercizi per mancanza dei requisiti igienico sanitari previsti per il rilascio delle autorizzazioni, salvo revoca qualora la situazione sia stata regolarizzata
6 (comma f): trasformazione in sanzioni amministrative accessorie delle pene accessorie dei reati depenalizzati, introducendo nuove sanzioni accessorie per prevenire nuove violazioni della normativa.
Il sistema sanzionatorio in vigore all’epoca, in conseguenza dell’accentuata frammentazione delle fonti, connessa anche alle norme comunicare in materia, dava come risultante una legislazione “alluvionale”, con previsioni punitive, molto spesso di contenuto omologo o affine.
Se ne generava una pluralità di norme sanzionatorie su un medesimo fatto, con un concorso apparente di norme, che viene risolto con l’applicazione del principio di specialità, e quindi nella complessiva ipertrofia del comparto si veniva a creare un concorso formale di reati. Fungono, comunque, da termini essenziali di riferimento sul piano sistematico e politico-criminale le disposizioni del Codice Penale che colpiscono le manipolazioni o frodi alimentari per la salute pubblica o che proteggono la genuinità degli alimenti e la buona fede dei consumatori con gli articoli:
· art. 439 (Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari, reclusione non
inferiore a quindici anni, pubblicazione della sentenza e interdizione da 5
a 10 anni)
v art. 440 (Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, reclusione da 3 a 10 anni, pubblicazione della sentenza e interdizione da 5 a 10 anni),
v art.444 (Commercio di sostanze alimentari nocive, reclusione da sei mesi a tre anni e multa non inferiore a 51 euro, pubblicazione della sentenza e interdizione da 5 a 10 anni).
v art. 515 (Frode nell’esercizio del commercio, reclusione fino a due anni o multa fino a 2.065 euro, pubblicazione della sentenza)
v art. 516 (Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, reclusione fino a sei mesi o multa fino a 1.032 euro, pubblicazione della sentenza)
v art. 517bis (aggravante alla vendita di prodotti industriali con segni mendaci, reclusione anche oltre due anni e multa anche oltre 20 mila euro: in caso di particolare gravità o recidiva specifica, possibile chiusura dello stabilimento da cinque giorni a tre mesi, ma anche revoca dell’autorizzazione che consente lo svolgimento dell’attività, pubblicazione della sentenza).
Di Luciano Santin
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