Il sole fa bene. O comunque meno male di quanto credevamo: da qualche tempo si accumulano studi che dimostrano i benefici di una corretta esposizione agli ultravioletti. Tanto che nei giorni scorsi Oliver Gillie, dell’Health Research Forum di Londra, ha parlato di “furto del sole” riferendosi alla demonizzazione della tintarella in atto da anni nel Regno Unito e non soltanto: il risultato, stando alle analisi di Gillie, pubblicate su Molecular Nutrition and Food Research, sarebbe addirittura un aumento della frequenza di malattie come diabete, tumori, cardiopatie, sclerosi multipla. Il sole, infatti, sembra contribuire a prevenirle (in qualche caso, si ipotizza, perfino di aiutare a curarle) perché uno dei suoi effetti principali è lo stimolo della sintesi di vitamina D nella pelle. E la vitamina D, che per il 90% produciamo grazie al sole e solo per il 1o% introduciamo coi cibi, è un vero toccasana. Maurizio Cutolo, direttore della Clinica reumatologica del Dipartimento di medicina interna dell’Università di Genova, spiega: «La vitamina D stimola la produzione di sostanze antibatteriche: non a caso prima dell’arrivo degli antibiotici a chi aveva infezioni croniche come la tubercolosi si prescrivevano “bagni di sole”. Inoltre, è antitumorale: inibisce, ad esempio, un enzima, l’aromatasi, che è anche il bersaglio di farmaci anticancro. Infine ha un’azione immunosoppressiva che può rivelarsi utile quando il sistema immunitario è iperattivo, come in caso di malattie autoimmuni o patologie con una grossa componente immunitaria e infiammatoria, tipo la psoriasi». C’è ben altro, insomma, dell’arcinoto effetto positivo della vitamina D sulla salute delle ossa. Anche perché esporsi al sole non significa solo produrre questa preziosa vitamina: i raggi ultravioletti regolarizzano il ricambio cellulare nella pelle (una benedizione per chi ha la psoriasi o una dermatite) e hanno un’azione disinfettante superficiale che riduce il rischio di infezioni cutanee. Nessuno sdoganamento, però, della tintarella selvaggia, perché «il sole è come un buon champagne: stimola, rinvigorisce, ma se si esagera intossica e avvelena» scriveva negli anni ’20 Sir Henry Gauvain, un medico inglese fautore dell’elioterapia. Tutta questione di misura, quindi: il veto alla rosolatura in spiaggia all’ora di pranzo resta, così come il consiglio di proteggersi con creme solari adatte al proprio tipo di pelle. Del resto, per garantirsi alcuni dei vantaggi del sole, non servirebbe neppure abbronzarsi: basterebbe passare più di tempo all’aria aperta per innescare, per esempio, la produzione di sostanze che migliorano il nostro benessere.«Sarebbero sufficienti un’ora o due all’esterno ogni giorno, magari in movimento — interviene Roberto Manfredini, cronobiologo e docente di medicina interna all’Università di Ferrara —. La luce regola il tono dell’umore modulando la sintesi di serotonina: c’è un abisso fra il tasso di depressione e di suicidi nel Nord Europa rispetto a quello della California. Inoltre, l’esposizione a un’intensa luce diurna deprime la sintesi della melatonina, stimolata poi dal buio: il risultato è un buon ciclo sonno-veglia, con numerosi effetti positivi sulla salute». Il metabolismo funziona meglio, il rischio di malattie si riduce: una corretta produzione di melatonina, ad esempio, sembra correlata a minor probabilità di tumori al seno e all’intestino. Per di più, il sole in giusta dose ci evita la “sindrome da malilluminazione” che colpisce chi passa la maggior parte del tempo al chiuso. I sintomi? Stanchezza, sonnolenza, tendenza all’isolamento e alla sedentarietà, aumento di peso. Chi non sta abbastanza all’aperto ha anche un maggior rischio di miopia elevata perché la retina non è ben stimolata a produrre dopamina, trasmettitore che impedisce l’eccessivo allungamento del bulbo oculare, alla base del difetto. E visto che uno studio ha stabilito che i benefici socioeconomici dell’esposizione al sole sono di gran lunga superiori ai rischi (negli Stati Uniti si potrebbero evitare ogni anno 50mila morti per tumore, se tutti avessero abbastanza vitamina D; i decessi per tumori cutanei imputabili al sole sono invece non più di 10mila), pare giunta l’ora di rivalutare i bagni di sole.
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