La TARSU maggiorata applicata ad alberghi e simili è legittima?

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    Tarsu: migliaia di euro pagati indebitamente?

    Commissione Tributaria di Lecce: la TARSU ad alberghi e simili va applicata secondo le tariffe delle civili abitazioni!

    I Comuni dovranno adeguarsi: no all’applicazione indiscriminata della Tarsu agli alberghi e a qualsiasi altro esercizio similare (B&B, case vacanza, ostelli, ecc.)!

    Nonostante la giustizia tributaria (Commissione Tributaria di Lecce, n. 616/09/08) abbia chiarito da tempo che per gli esercizi alberghieri la Tarsu va applicata utilizzando le stesse tariffe previste per le civili abitazioni, molti comuni continuano imperterriti ad applicare ad alberghi ed affini una tariffa maggiorata rispetto a quelle che applica per le civili abitazioni.

    La legge che disciplina l’odiato balzello è il Decreto Legislativo n. 507/93 (quello che disciplina anche la TOSAP ed altri tributi).

    L’art. 65 del decreto stabilisce che la Tarsu deve essere corrisposta in base ad una tariffa, risultante da un complicato calcolo tra il “costo di smaltimento” (costo calcolato per unità di superficie accertata) e un “coefficiente”, ottenuto tenendo conto della quantità o qualità dei rifiuti producibili. Per questi motivi, essendo il calcolo ancorato alla quantità o qualità dei rifiuti prodotti dall’utente, la tariffa deve essere differenziata per categorie di locali, da suddividere in gruppi omogenei di classi (uffici pubblici, uffici privati, bar, locali artigianali, locali industriali, locali commerciali, ecc.).

    La legge, inoltre, impone ai Comuni di adottare uno specifico regolamento comunale all’interno del quale disciplinare la classificazione delle categorie di locali cui applicare la diversa tariffa (ai bar e ristoranti una tariffa; ai locali commerciali, un’altra tariffa; agli uffici un’altra tariffa ancora e così via).

    Tale classificazione, tuttavia, non può discostarsi dalla stessa classificazione che la legge individua all’art. 68.

    L’art. 68 (comma 2, lettera c) infatti inserisce nella stessa classe tutti i “locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri”. Si sancisce, dunque, che per civili abitazioni e locali destinati a collettività e ad alberghi (vi rientrano anche B&B e similari) va applicata la medesima tariffa: nessuna distinzione tra alberghi (e simili) e civili abitazioni.

    Ma questo succede? No, ovviamente! Leggendo alcuni dei regolamenti TARSU pubblicati dai Comuni su internet, si scopre che quasi tutti i Comuni applicano tariffe differenti agli alberghi, in alcuni casi notevolmente superiori rispetto alle tariffe applicate alle civili abitazioni (alcuni comuni applicano una tariffa quasi 3 volte superiore a quella applicata per le abitazioni urbane).

    La Cassazione in passato (sentenza n. 5732/2007) ha considerato legittimo per un Comune effettuare una distinzione tariffaria tra alberghi ed abitazioni private, data la naturale maggiore capacità produttiva di rifiuti tra un albergo e una casa per civile abitazione. Purché tale distinzione fosse giustificata dai Comuni con modulazioni tariffarie (rispetto a quelle per le civili abitazioni) che rispondessero a criteri di equità sostanziale e non fossero stabilite “ad libitum”. Cosa che immancabilmente i Comuni non hanno fatto, spesso includendo – in violazione della stessa legge –  la categoria degli esercizi alberghieri in quella “ultra tartassata” dei bar, delle pizzerie e dei ristoranti.

    La giurisprudenza tributaria è pertanto nuovamente intervenuta, chiarendo una volta per tutte il concetto: è vero che alcuni (e solo alcuni!) locali di un albergo sono caratterizzati da una maggiore potenzialità nella produzione dei rifiuti (si pensi al ristorante, al bar, alle cucine di un albergo), ma è anche vero che gran parte dei locali dell’albergo (le camere) sono perfettamente equiparabili ad una civile abitazione: pertanto non producono rifiuti né più e né meno di una casa privata. Applicare una tariffa maggiore agli alberghi diversa da quella applicata alle civili abitazioni, viola il principio normativo fissato dal Decreto Legislativo 507/93.

    Cosa dovranno fare i Comuni allora?

    Il suggerimento lo dà la stessa commissione tributaria di Lecce (sent. n. 616/09/08): i Comuni potranno predisporre per alberghi e simili la stessa tariffa applicata alle civili abitazioni, almeno per i locali adibiti a camere, salva la possibilità di applicare una tariffa maggiorata per quella superficie dell’albergo destinata a bar, ristorante e cucina. Insomma, una tariffa modulata e più giusta, che contempera sia gli interessi dell’albergatore che quelli dell’ente impositore. Ma i Comuni lo faranno?

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